“Da cuore a cuore”
“Grande non è colui che comanda, ma colui che serve con amore.”
Sant’Agostino, In Iohannis Evangelium tractatus, 58, 2 “Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano”
Le parole di Sant’Agostino e riprese da papa Leone, che nel suo primo discorso da successore di Pietro ha voluto citare il santo di Ippona per delineare il senso più profondo del ministero episcopale: essere nella Chiesa ‘servi inutili’. Agostino distingue il “per voi” dal “con voi”: nel primo c’è l’ufficio, nel secondo la condizione comune a ogni battezzato. L’episcopato è dunque un servizio, è potere nella misura in cui è consegnato al bene dell’altro. Questo è un concetto importante che riguarda anche noi, popolo d Dio, che nella vita di tutti i giorni vediamo, siamo abituati a riconoscere il potere a partire da segni diversi: il possesso, il comando, l’autonomia dal vincolo, questa logica del servizio sembra non solo estranea, ma addirittura controproducente. Eppure, è la logica del Vangelo: lo ha detto Cristo in un forte momento di rivelazione: “Chi vuole essere grande tra voi, sarà vostro servitore” (Mc 10,43). La grandezza evangelica non si misura con il metro del dominio, ma con quello della dedizione. Sant’Agostino fu vescovo per trentacinque anni, nella turbolenta città di Ippona, nell’Africa romana assediata dai vandali e sfinita dalle eresie. Eppure, in mezzo a tanta instabilità, fu caposaldo per la sua comunità proprio attraverso il suo laborioso servizio, di cui oggi ancora godiamo nella forma dell’enorme opera di scritti fino a noi tramandati. Si immerse nelle esigenze della sua diocesi: rispondeva personalmente alle lettere dei fedeli, amministrava i beni della Chiesa con rigore, difendeva i poveri di fronte ai soprusi dei potenti. Era a turno giudice, maestro e pastore. E nello stesso momento combatteva in sé stesso la tentazione dell’orgoglio, che sempre minaccia chi ha una carica. Scrive infatti: “Non ci si deve gloriar del fatto di presiedere, ma del servire. […] È una carica, non un onore” (Sermo 340A). Le sue parole, così come il suo personale esempio, oggi come allora interpella ogni uomo: il potere che ci è affidato – anche quello piccolo, familiare, culturale, amministrativo – è giusto solo se è vissuto come servizio.
Il beato Bertrando
Il 6 giugno si celebrava la memoria del Beato Bertrando di San Genesio, un altro esempio di vita spesa nella logica del servizio. Fu patriarca di Aquileia dal 1334 al 1350; nato in Francia, a Saint-Geniès, nel 1260 (?), proveniva da una famiglia nobile e ricevette una raffinata formazione giuridica a Tolosa. La sua successione di incarichi fu rapida: fu chiamato dal papa a Roma, poi inviato come vescovo a Embrun e infine nominato patriarca. Aveva tutte le qualità del grande amministratore: intelligenza giuridica, senso pratico, capacità strategica. Ma aveva soprattutto un cuore aperto al Vangelo. Giunto in Friuli, trovò un territorio frantumato, segnato da lotte tra nobili, saccheggi, vendette incrociate. La Chiesa stessa era spesso implicata nei giochi di potere. Bertrando, con lucidità e decisione, iniziò una profonda opera di riforma: promosse la moralità del clero, ridusse i privilegi corrotti, restaurò la disciplina. Fu anche un uomo d’armi, com’era normale al tempo: costruì fortificazioni, organizzò difese contro le incursioni esterne con l’intento di proteggere la popolazione e l’integrità del Patriarcato. E allo stesso tempo, fu un instancabile promotore di opere di carità: fondò nel 1347 l’Ospedale di Santa Maria della Misericordia, che sarebbe diventato il cuore della cura medica a Udine per secoli. In lui vivevano insieme la fermezza del legislatore e la tenerezza del pastore.
Un’eredità ancora viva
Il brusco termine del suo ministero avvenne il 6 giugno 1350. Quel giorno, Bertrando si stava recando a San Giorgio della Richinvelda, con lo scopo di mediare una pace tra famiglie nobili in guerra. Consapevole del pericolo e cosciente che i suoi tentativi di mettere ordine nel disordine del potere locale gli avevano creato nemici potenti, non si tirò indietro dal tentare di raggiungere la pace. Fu infine assassinato in un agguato, colpito a morte mentre cercava di porre fine a una faida. La sua morte fu, agli occhi del popolo friulano, il martirio di un giusto. E tale è stato riconosciuto dalla Chiesa, che ne ha proclamato il culto fin dai secoli successivi, fino alla beatificazione ufficiale avvenuta sotto Clemente XIII nel 1760. La sua tomba è nella cattedrale di Udine, che da secoli è luogo di sua rinnovata preghiera e memoria. Ogni anno, il 6 giugno, la città lo ricorda con solennità, celebrando la sua figura come modello di vescovo, politico e uomo santo. Tutt’oggi servirebbe da esempio agli ‘operatori di pace’, a cui insegnerebbe cosa significa davvero battersi per la pace. Il beato Bertrando, con la sua unione tra sapienza giuridica e zelo pastorale, tra capacità politica e umiltà spirituale, è oggi più che mai attuale. Il suo esempio può parlare ai laici impegnati nella società, ai pastori della Chiesa, ai giovani in ricerca. Il beato Bertrando ha vissuto per edificare la città di Dio nel cuore della terra friulana. Possiamo augurarci che, come l’arrivo di questo patriarca sia stato provvidenziale alla nostra comunità, anche il nostro tempo regali al mondo moderno dei governanti.
Francesco Palazzolo